Lo slow burn è un metodo di allenamento che trae le sue basi tecniche dal ben più noto “super slow”.
Per coloro che vogliono dilettarsi nella lettura di tutti i meccanismi fisiologici attivati da questa metodologia di allenamento rimando direttamente ad un bell’articolo di Wikipedia sul Super Slow. Per tutti coloro che invece sono più interessati al come e al perché praticare questa tecnica di allenamento non posso che augurare una buona continuazione di lettura.
Faccio una breve premessa; frequentando l’ambiente della palestra mi capita spesso di sentire chiedere agli istruttori quale sia il migliore allenamento possibile.
Bene, la risposta è che non esiste una (sola) risposta!
La risposta infatti cambia a seconda dello scopo che vi prefiggete e del livello atletico da cui partite. Un allenamento HIT (High Intensity Training) per esempio è da sconsigliarsi a persone non sufficientemente allenate, con importanti disfunzioni metaboliche o, più semplicemente, in forte sovrappeso.
Un allenamento di cui si sente parlare poco ma che può adattarsi con molta flessibilità ad obiettivi diversi è lo slow burn. Ovviamente anche questo metodo non è esente da limiti applicativi ma a differenza di molti altri tipi di allenamento ha sicuramente la peculiarità di essere facilmente adattabile alle esigenze più diverse.
Lo slow burn si basa su un concetto semplice: ogni movimento si esegue con estrema lentezza in andata (fase positiva) e ritorno (fase negativa). In questo modo si stimola la muscolatura massimizzando il TUT (time under tension). Il TUT è il tempo totale in cui i muscoli stimolati rimangono (continuativamente) contratti. Trattandosi di movimenti fluidi questo stimolo garantisce il reclutamento di un gran numero di fibre muscolari anche con bassi carichi.
Lo Slow Burn alla prova
Fate una prova: se siete in grado di fare le aperture laterali (esercizio tra i fondamentali del body building) con 10 Kg dirigetevi verso la rastrelliera dei pesi “mignon” e dotatevi di due
manubri da due o al massimo tre kg. Adesso fate lo stesso movimento che facevate prima con i manubri da 10 kg ma con la differenza che il movimento anziché essere esplosivo (alcuni per aiutarsi con un po’ di slancio flettono anche le ginocchia) ed avere delle micro pause tra un sollevamento e l’altro dovrà essere fatto con estrema lentezza: 10 secondi per salire e 10 per scendere facendo attenzione a non fermarsi tra un sollevamento e l’altro e a mantenere i muscoli contratti (quando tornate alla posizione iniziale non rilassate i muscoli).
Fare 6 ripetizioni con questa modalità significherà di fatto far lavorare i vostri deltoidi per circa due minuti.
Inoltre il fatto di usare carichi ridotti vi permetterà di eseguire correttamente il movimento. Capita infatti di vedere persone anche ben muscolate che pur di aumentare di un kg la loro performance finiscono per flettere le ginocchia e/o piegare il gomito riducendo così la lunghezza della leva e facilitando l’esercizio. Non solo, piegando il gomito il peso si sposta inevitabilmente in avanti andando a stimolare con l’esercizio più la parte anteriore che non quella posteriore del deltoide. Se al contrario userete piccoli carichi tenere le braccia stese lungo il corpo e aprirle a compasso sarà molto più naturale e, il risultato sarà che non avrete bisogno di piegare ginocchia e gomiti per sollevare i manubri. Questa apparentemente piccola modifica nell’esecuzione dell’esercizio farà sì che la leva rimanga massima e, siccome la fisica non è un’opinione, più lontana è posta dal fulcro la resistenza applicata (il manubrio che tenete in mano) e più grande dovrà essere la forza da applicare (braccio della potenza) per bilanciare e superare la resistenza.
Altri vantaggi dello Slow Burn
Le aperture laterali sono uno dei tanti esercizi che si possono eseguire con il metodo slow burn. In generale tutti i “fondamentali” della cultura fisica possono essere eseguiti con questa tecnica. Nella scelta, personalmente, scelgo sempre esercizi di semplice esecuzione perché così riesco a concentrarmi sul controllo fine del movimento ma questo non è un limite all’applicabilità del metodo.
Un altro vantaggio di questo metodo è legato al fatto che per eseguirlo non è necessario dotarsi di costose attrezzature, bastano infatti due o tre coppie di manubri di piccola taglia ed il gioco è fatto. Improvvisare un allenamento casalingo diventerà facile e sicuro visto che i modesti carichi messi in movimento saranno un’ottima polizza contro gli infortuni (assai più frequenti in altre tipologie di allenamento).
…e qualche limite dello Slow Burn
Ovviamente come detto in apertura non siamo in presenza dell’allenamento ideale in quanto con questo allenamento ci sono alcune componenti della performance atletica che vengono scarsamente stimolate.
E’ il caso per esempio degli sport di “potenza” dove oltre alla forza serve anche l’altra componente della potenza ovvero la velocità. Allo stesso modo anche modelli prestazionali basati sulla forza esplosiva non avranno da questo tipo di allenamento il massimo stimolo allenante (per ricercare il quale sarà molto più funzionale la pliometria).
Un valido alleato per molti sport
In conclusione lo slow burn è un allenamento potenzialmente anche molto intenso ma sempre rispettoso del vostro corpo che vedo molto indicato a chi si allena da poco con i pesi e vuole acquisire prima di tutto gli schemi motori corretti, a chi vuole allenarsi con una certa intensità limitando quanto più possibile gli stress articolari o, ancora, a chi, praticando sport a buon livello vuole inserire richiami di forza senza che queste sedute di allenamento impattino sulla prestazione generale (tipico il caso dei ciclisti che vedono i manubri e le palestre come la personificazione del male!).