Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta del nostro microbiota.
Personalmente nella mia alimentazione faccio grande uso di verdura cruda. Può sembrare banale ma anche il metodo di cottura più delicato (il vapore ad esempio) finisce per impoverire notevolmente il valore nutrizionale di ogni ortaggio o, salvo alcune eccezioni, la biodisponibilità dei suoi micronutrienti. Non solo, alcuni alimenti con la cottura mutano in modo determinante la quantità di zuccheri e il loro indice glicemico. Questo accade per un processo che tecnicamente si chiama gelatinizzazione dell’amido che altera in modo anche molto marcato l’indice glicemico.
Ecco quindi che un etto di carote lesse avrà un indice glicemico molto più alto delle sorelle mangiate crude. Per il benessere del nostro intestino poi, è essenziale mangiare buone quantità di verdure crude perché le fibre in esse contenute, oltre ad un effetto di ripulitura “meccanica” del nostro intestino creano le condizioni ideali per la colonizzazione dell’intestino da parte di quei microrganismi a noi tanto favorevoli.
Il vantaggio di mangiare verdure crude
Mangiare verdure crude ci mette nella condizione di mangiare cibi “vivi”. Questo particolare potrebbe sembrare una cosa di poco conto ma, al contrario, è di fondamentale importanza perché così facendo oltre all’alimento introduciamo nel nostro organismo piccole quantità di batteri che possono “collaborare” con noi per farci stare in salute (leggi più avanti le ultime scoperte sul trasferimento genetico orizzontale). Il calore della cottura infatti stermina letteralmente queste forme di vita che, in molti casi, sono un sopporto formidabile per la nostra salute.
Assicurarsi dell’origine (biologica se non addirittura biodinamica) lavare accuratamente le verdure è una pratica salutistica importante, non di meno dovremmo essere un po’ più coscienti del fatto che il nostro organismo è perfettamente in grado di fronteggiare (quando è in salute) gli “insulti” derivanti dall’introduzione di piccole cariche batteriche patogene. Quindi, se cuocere le verdure significa azzerare la presenza batterica (quella favorevole e quella sfavorevole al nostro organismo), preferisco di gran lunga mangiare verdura cruda.
Il Microbiota e i batteri
Il fatto di avere un microbiota sano è una condizione fondamentale per affrontare al meglio periodi di grande stress o adattarci a mutate condizioni ambientali. E’ scoperta recente che secondo alcuni studiosi sia attiva nel nostro intestino una collaborazione così stretta tra noi e il nostro microbiota da far ipotizzare uno scambio di materiale genetico.
Il processo, ben conosciuto per le forme di vita batterica, si chiama trasferimento genico orizzontale (TGO) e permette lo scambio di materiale genetico tra cellule non discendenti cioè non in rapporto “padre-figlio”. Questo spiega perché i batteri diventino molto rapidamente resistenti agli antibiotici.
Quando un batterio sopravvive ad un antibiotico non solo trasmette il suo DNA alle cellule figlie ma lo può trasferire anche ai batteri ad esso contigui. In questo modo la colonia diventa molto rapidamente in grado di adattarsi alle mutate condizioni ambientali massimizzando la propria capacità di sopravvivenza.
Bene, questo meccanismo sembra sia in funzione anche nel nostro intestino tra i batteri che costituiscono il nostro microbiota e le cellule del nostro organismo (intestino in primis). Sarebbe questo il meccanismo alla base di specifici processi di adattamento tipici di alcune popolazioni. Il Giappone, per esempio, il consumo tradizionale di sushi, tipicamente avvolto con le alghe nori, avrebbe messo in grado qran parte della popolazione di digerire questa alga. Infatti, insieme all’alga nori i giapponesi hanno mangiato per millenni anche un piccolo batterio (Zobellia galactanivorans) che produce l’enzima per digerire l’alga stessa. Il contatto prolungato con quest’ultimo avrebbe, grazie ad un processo di TGO, messo in grado l’intestino di molti giapponesi (dove è presente il Bacteroides plebeius ) di digerire l’alga nori, diversamente indigesta alla quasi totalità del restante genere umano.
Riferimenti e fonti:
Jan-Hendrik Hehemann, Gaëlle Correc, Tristan Barbeyron, William Helbert, Mirjam Czjzek and Gurvan Michel “Transfer of carbohydrate-active enzymes from marine bacteria to Japanese gut microbiota“;
“La genetica del sushi“
Ciao Massimiliano non ho letto niente Ma dai titoli sembrano cose molto interessanti ti farò sapere