ATP: sì, ma da quale fonte?

L’adenosina trifosfato o ATP è la pietra angolare su cui si appoggiano tutte le teorie dell’allenamento moderno. Questa molecola infatti è la responsabile della produzione di energia (e conseguentemente, contrazione e movimento) a livello dei nostri muscoli scheletrici. Se saliamo le scale di casa o se corriamo una maratona il nostro corpo usa sempre ATP, la differenza sta in come viene prodotto quell’ATP.

Adenosina trifosfato

Ricostruzione 3D della molecola di ATP (Adenosina Trifosfato). Immagine da: https://it.wikipedia.org/wiki/Adenosina_trifosfato

I metodi di produzione sono quattro anche se nella maggior parte dei materiali che troverete on line vi verrà detto, per semplicità (ed eccessivo schematismo, aggiungo io) che sono tre.

Dunque i sistemi di produzione dell’ATP sono:

  1. Il sistema aerobico lipolitico che utilizza gli acidi grassi (FFA) come substrato energetico.
  2. Il sistema aerobico glicolitico che utilizza glucosio e glicogeno come substrato energetico.
  3. Il sistema anaerobico lattacido (detto anche glicolisi) che continua ad usare glucosio e glicogeno come substrato energetico (ma questa volta in assenza di ossigeno).
  4. Il sistema anaerobico alattacido che utilizza come di substrati energetici direttamente l’adenosina trifosfato e la fosfocreatina.

Bene, capire come funzionano queste fasi e che stimoli allenanti le attivano è fondamentale per capire che tipo di allenamento seguire per massimizzare la propria prestazione nello sport praticato.

Ossogeno sì, ossigeno no

Come si nota dall’elenco i primi due sistemi di produzione hanno a che fare con l’ossigeno mentre i secondi due no. Questo significa che il nostro organismo è in grado di attivare i primi due sistemi in condizioni di sforzo prolungato che necessariamente si lega ad una frequenza cardiaca (soggettivamente) non elevata. In particolare il sistema lipolitico si attiva per prestazioni di sforzo continuato che superano i 20-30 minuti di durata. Torneremo più avanti sul perché questo meccanismo è cruciale per gli sport di resistenza e perché ormai molti atleti di punta (e non solo) in questi sport si dedichino a specifiche sessioni di allenamento per continuare ad utilizzare quanto più a lungo possibile questo tipo produzione di ATP anche quando la frequenza cardiaca sale.

Sistema aerobico glicolitico

Il sistema aerobico glicolitico (il secondo in elenco) si attiva per prestazioni di media durata (20 minuti). Posizionandosi a metà strada tra le prestazioni esplosive e quelle di durata, questo sistema è attivato da frequenze cardiache piuttosto elevate che rimangono soggettivamente intorno a quella che il Prof. Conconi con il suo celebre test definì “soglia aerobica”. In questo sistema di produzione dell’ATP viene impiegato principalmente il glucosio presente nel sangue e il glicogeno presente nel muscolo che compie il movimento. Passando per vari scambi chimici si produce piruvato che viene usato per produrre ulteriore energia. L’utilizzo di questo sistema di produzione dell’ATP ha due fattori chiave. Il primo è che è più rapido di quello lipolitico e pertanto preferito dall’organismo quando la quantità di energia per unità di tempo è molto alta ma non massimale. Il secondo, che ne limita la durata nel tempo, è la quantità limitata di glicogeno e glucosio presente nell’organismo.

Sistema anaerobico lattacido

Il sistema anaerobico lattacido (il terzo in elenco), conosciuto anche glicolisi anaerobica, si attiva per attività di durata compresa tra i 15 e i 60 secondi (oltre si è in presenza di atleti molto “dotati”), impiegando come propellente il glicogeno muscolare.
In alcune discipline come ad esempio i 400 metri piani questo è il sistema energetico d’elezione in quanto la prestazione si mantiene per tutta la sua durata ad una intensità prossima a quella massimale. In altri sport come ad esempio il ciclismo questo sistema energetico entra in funzione quando, superata la soglia aerobica (il corpo produce più acido lattico di quello che riesce a smaltire), l’atleta vuole “spremere” dalle sue gambe una quota extra di energia per distaccare gli avversari.
In ogni caso utilizzando questo tipo di sistema energetico il corpo produce come risultato acido lattico e ioni idrogeno. In particolare l’accumulo di ioni idrogeno crea quella sensazione di bruciore, per resistere alla quale l’atleta deve fare ricorso (per quanto i limiti della fisiologia umana glielo consentono) alla propria capacità volitiva di “resistere” a quella sensazione di dolore.

Sistema anaerobico alattacido

Il sistema anaerobico alattacido, detto anche sistema ATP-CP, è utilizzato in attività di tipo massimale di durata non superiore ai 15 secondi. Questo sistema energetico in pratica usa l’ATP e la fosfocreatina presenti nei muscoli come propellente energetico. Questa reazione non richiede la presenza di ossigeno ma la sua durata nel tempo è veramente contenuta in quanto ATP e fosfocreatina vengono prodotti al bisogno (vedi gli altri sistemi energetici) e la loro quantità presente “stabilmente” nel muscolo a riposo è esigua e permette un numero assai limitato di contrazioni muscolari.

Concludendo…

Il sistema anaerobico alattacido è dunque il sistema energetico più semplice e immediatamente disponibile del nostro organismo. Dei sistemi energetici a disposizione del nostro corpo, il sistema anaerobico alattacido è anche quello più facilmente isolabile dagli altri.
Nello svolgimento dell’attività fisica infatti i primi tre sistemi energetici collaborano tra loro “miscelandosi”. Anche quando l’intensità dello sforzo rende un sistema prevalente sugli altri, quelli meno utilizzati non si “spengono” ma continuano a contribuire in percentuale minore alla produzione di energia. Nell’attività fisica di endurance è comunque sempre l’ATP a far muovere i nostri muscoli e per averne a disposizione una quantità sufficiente il nostro corpo lo deve sintetizzare in continuazione. La via metabolica per la generazione di ATP è legata (quasi esclusivamente) alla respirazione mitocondriale.

In sintesi durante il processo di glicolisi, il glucosio ematico e il glicogeno muscolare sono trasformati in un’altra molecola, il piruvato, che, a seconda dell’intensità della prestazione, entrerà nel mitocondrio (sistema aerobico glicolitico) o sarà convertito in lattato (sistema anaerobico lattacido). Collaborando tra di loro i sistemi energetici fanno sì che al di sotto della soglia anaerobica, il piruvato entri nel mitocondrio e, attraverso un processo ossidativo (resprazione mitocondriale) produca ATP. Superata la soglia anaerobica  (il muscolo funziona in assenza di ossigeno) la capacità di produrre ATP attraverso i mitocondri viene meno e il piruvato viene convertito direttamente in lattato. In questo caso come abbiamo già visto i prodotti di scarto di questo meccanismo metabolico (acido lattico e ioni di idrogeno) compromettono in brevissimo tempo la funzionalità contrattile del muscolo, obbligandolo a ridurre la prestazione e, nel complesso, riportando il corpo a funzionare nel range “aerobico” dove cioè, attraverso la respirazione mitocondriale, viene riattivato il sistema glicolitico.

Dalla piena comprensione di questi meccanismi che, ripeto, non sono alternativi ma bensì collaborativi nasce tutta l’esperienza del “condizionamento metabolico” che gli atleti di alto livello ben conoscono e applicano per massimizzare la propria resa all’interno del “modello prestativo” che caratterizza la propria disciplina sportiva.

Ma questo sarà il tema di uno dei prossimi articoli.

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